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Rassegna Stampa ALIAS - 28 aprile 2007
"Così lo trovai morto"
Sul "più solitario tra i poeti solitari" esce in Francia una biografia familiare di Catherine Sauvat, che inserisce Walser in un quadro macroscopico di sterilità e depressione. Poi, parla l'uomo che scoprì bambino il cadavere sulla neve Fece sempre coincidere vita e scrittura, fino a quando la sorella non lo costrinse ad entrare nella clinica psichiatrica di Herisau. Aveva rinunciato alle amicizie, alle donne e a qualsiasi bene materiale, se si escludono un completo grigio, un cappello e un ombrello logoro. Quel giorno dovette rinunciare anche alla penna e a se stesso. Robert Walser, che dopo la morte è stato definito "il più solitario tra i poeti solitari", nacque a Bienne, Svizzera tedesca, il 15 aprile 1878. Cominciò a scrivere all'età di vent'anni, forse anche prima. I suoi racconti giovanili, poi riuniti nel libro "I temi di Fritz Kocher", apparvero sul quotidiano locale. Vi si parlava, con non poca ironia, dei suoi insegnanti e dei compagni di classe. Si dice che il giornale andò esaurito in meno di un'ora. Molto presto la scrittura divenne la sola occupazione di Walser, che in vita pubblicò tre romanzi, poesie e centinaia di prose brevi.
La sua "carriera" fu inizialmente rapida. Kafka, Canetti, Musil, Benjamin divennero suoi grandi ammiratori. Dopo un po' lo stile e i temi a lui cari furono tuttavia giudicati scarsamente appetibili dai suoi editori, che gli suggerivano di scrivere come Hermann Hesse.
Nel '33 passò nel manicomio di Herisau, dove visse fino al giorno della sua morte. A Waldau l'aveva preceduto il fratello Ernst, professore di musica a Napoli e che morì a 43 anni, probabilmente suicida. Un altro fratello maggiore, Hermann, professore di geografia, si suicidò a 49 anni, malato di depressione. Il primogenito Adolf era morto di tisi a 15 anni. In tutto erano otto figli, nessuno ebbe figli a sua volta. La storia della famiglia Walser è raccontata in una biografia pubblicata in Francia e non ancora tradotta in Italia ("Robert Walser", 236 pagg, Rocher). L'autrice è Catherine Sauvat, che sullo scrittore ha realizzato anche un bel documentario. Dal libro viene fuori una lunga storia di depressioni e casi di schizofrenia. La madre di Walser, Elisa Marti (Robert darà il cognome Marti al protagonista del romanzo "L'assistente"), soffrì per tutta la vita di depressione, forse per la morte prematura del padre, forse per la perdita del primo figlio. Il rapporto tra i genitori di Robert fu comunque molto stretto e di dominio della donna sull'uomo. In una breve prosa intitolata "L'immagine del padre", Walser parla della relazione tra i genitori come di "uno spettacolo degno di ammirazione", spettacolo che tuttavia inciderà non poco sui suoi rapporti con le donne. Tra tutti i fratelli, Robert fu più legato a Lisa e Karl. Dopo la morte della mamma, Lisa sarà per lui sorella, madre, amica, amante immaginaria. Karl, pittore, con il quale visse a Berlino dal 1905 al 1913, tentò invece di avviarlo, senza successo, alla vita mondana. Ne "I fratelli Tanner", ma potremmo dire "fratelli Walser", i protagonisti sono proprio loro tre, Robert, Karl e Lisa (il fratello Oscar, giudicato "troppo normale", non viene neppure citato, mentre Hermann resta turbato dai brani che lo riguardano).
"I fratelli Tanner" è il romanzo in cui Walser prefigura quella che, 50 anni dopo, sarebbe stata la sua morte. Una bella mattina, infatti, Simon Tanner trova un giovane coricato nella neve e, una volta avvicinatosi, si accorge che è morto, un libretto di poesie in tasca. Bene, il giorno di Natale del 1956, Walser fu trovato esattamente così, disteso nella neve, la mano destra sul cuore, colpito da infarto durante una passeggiata nei dintorni di Herisau. Il ragazzo che scoprì il corpo di Walser oggi è un signore in pensione.
Signor Brugger, che cosa ricorda del giorno in cui trovò il corpo di Walser nella neve? Mi ricordo tutto molto bene. Era il giorno di Natale. Dopo pranzo, verso l'una, i miei genitori mi dissero di andare a giocare all'aperto. Incontrai un ragazzo del vicinato e decidemmo di fare una passeggiata fino a raggiungere la cima di una collina per poi scendere in slitta. C'erano 15 centimetri di neve e nebbia alta. Quando arrivammo su vedemmo, a 30 metri da noi, una persona distesa nella neve. Era supina. Ci avvicinammo con timore. Si trattava di un uomo, pensammo che avesse bevuto troppo. Quando fummo a un metro ci fermammo e ci rendemmo conto che era morto. Che cosa fece a quel punto? Chi portò via il cadavere? Ci recammo alla fattoria più vicina e descrivemmo quel che avevamo trovato. Il proprietario andò lui stesso a vedere il corpo e confermò che l'uomo era morto. Poiché nella fattoria non c'era il telefono, corremmo alla casa più vicina, quella dell'agricoltore Hefti. Da qui fu chiamata la polizia. A causa della neve i poliziotti e l'addetto delle pompe funebri dovettero fare l'ultimo tratto di strada a piedi. Noi ragazzi fummo allontanati. Dopo gli accertamenti il cadavere fu legato a una slitta per il legname e trasferito sul carro funebre fermo a 300 metri. Lei aveva 12 anni e andava a scuola. Dopo che mestiere ha fatto? Mi ricordo tutto molto bene. Era il giorno di Natale. Dopo pranzo, verso l'una, i miei genitori mi dissero di andare a giocare all'aperto. Incontrai un ragazzo del vicinato e decidemmo di fare una passeggiata fino a raggiungere la cima di una collina per poi scendere in slitta. C'erano 15 centimetri di neve e nebbia alta. Quando arrivammo su vedemmo, a 30 metri da noi, una persona distesa nella neve. Era supina. Ci avvicinammo con timore. Si trattava di un uomo, pensammo che avesse bevuto troppo. Quando fummo a un metro ci fermammo e ci rendemmo conto che era morto. Quando ha saputo chi era Robert Walser? Mi era sempre stato detto che l'uomo che avevo trovato nella neve era uno scrittore, ma solo dopo otto anni ho scoperto chi fosse veramente. L'ho saputo infatti solo nel 1964, quando Herisau gli ha dedicato una fontana. Ho l'impressione che allora tanta gente non sapesse chi fosse realmente Walser. I primi problemi di origine nervosa si manifestarono in Walser nel '25, niente di grave, lui stesso ne parlò come di un semplice "nervosismo". Poi la situazione peggiorò. Sentiva dei rumori, colpi alle pareti, voci che lo chiamavano, che lo schernivano. Era il 1929. Un giorno, le sorelle Haeberlin, proprietarie della camera dove viveva, convocarono Lisa. Le dissero che il fratello rivolgeva loro continue proposte di matrimonio, non dormiva, si sentiva perseguitato. Lisa si rivolse allo psichiatra Morgenthaler, che si era già occupato del fratello Ernst. La sua diagnosi fu di depressione e l'unica soluzione era internare anche lui a Waldau, disse. "Facciamo davvero ciò che è meglio?", chiede Robert alla sorella quando i due arrivano al cancello del manicomio. Lei non risponde: "Il suo silenzio fu esplicito. Che cosa potevo fare a quel punto se non entrare?". Dieci anni dopo la sua morte, nascosto nei 526 fogli di inediti scritti a matita e con una calligrafia microscopica, si è scoperto un quarto romanzo di Walser, intitolato "Il brigante". È la storia del rapporto enigmatico tra lo scrittore e il suo doppio, il brigante stesso, con il quale Walser dialoga direttamente. Neppure questo libro, purtroppo, è stato finora pubblicato in Italia (i diritti sono in mano ad Adelphi). Il cinquantenario dalla morte, che ha suscitato un rifiorire di iniziative (si è da poco concluso a Roma il denso calendario di manifestazioni promosse dalla libreria d'occasione "Simon Tanner" , mentre Anna Fattori, docente a Tor Vergata e specializzata in Walser, sta organizzando un convegno internazionale per l'autunno), spingerà forse la casa editrice milanese a pubblicarlo.
Sarebbe senza dubbio opportuno considerato che, come ha detto Hesse, "se Walser avesse centomila lettori il mondo sarebbe migliore".
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